IMBARAZZANTI RIFLESSIONI SULL’IMMAGINARIO COSTRUITO

Di Laura Liberti (Pubblicato su "UT" Bimestrale d'Arte e Fatti culturali, n.5/2008, LA MENZOGNA. Ediland Editrice , Dicembre 2008)

Se volete aiutare davvero l’Africa, smettetela di aiutarla. Furono degli intellettuali africani a pronunciare queste parole. La platea rimase sconvolta, i volontari persero il loro stoico sorriso, un diplomatico ebbe un mancamento. Io, come altri colleghi, ridevo: finalmente si faceva sul serio! Quella frase, per noi, spezzava ciò che J. P. Sartre chiamava “la precisa funzione sociale del povero: permettere al ricco l'esercizio della generosità”. Quel giorno, in poche ore, ho capito che sarebbe stata più dura di quanto avessi immaginato. Cominciai a riflettere …. Che ai nostri opulenti paesi interessi il mantenimento dello stato di povertà economica africana non è una novità. Gli ambasciatori sanno bene che gli aiuti, che il governo invia all’Africa, ritornano in Italia sotto un’altra forma. I sistemi politici ed economici prima o poi implodono. E’ il loro nutrimento che fa più paura, perché pervade, invade, penetra e continua a camminare sempre, al di là di tutto. Che cos’è il consenso se non una versione soft dell’”arte di dominare le folle” ? E su cosa si fonda quest’arte, se non nella costruzione di un immaginario collettivo? Una scienza raffinata, che dà alle persone l’illusione della libertà e della superiorità. E’ questo ciò che è successo alla nostra idea di Africa. E’ stata plasmata , nel tempo, soprattutto attraverso il veicolo più potente: le immagini. La fotografia, i manifesti, le cartoline e perfino i francobolli, in epoca coloniale e fascista, hanno radicato negli italiani quell’idea irrazionale dell’Africa: barbara, selvaggia, peccatrice, sporca, non istruita e sofferente. Questi stereotipi sono tuttora veicolati dai nostri “pigri” mass-media. Così,
trattati come singoli elementi privi di contesto, abitazioni, religioni, costumi e abitudini africane, diventano inequivocabili testimonianze di un nostro presunto stato di superiorità. Questo è il tempo dell’aiuto di tipo evoluzionista: doniamo agli altri affinché possano diventare come noi! Ancora neghiamo all’Africa, i suoi eroi e la sua storia, abbiamo invaso le loro idee di spazio e di tempo, che per noi sono beni numerici cui dare un prezzo. L’etnocentrismo riconosce una sola strada e si fonda su paragoni sbagliati, coinvolgendo anche le persone più sensibili. Ecco allora, venire tra noi la volontaria che schernisce il concetto di tempo degli africani, non sapendo che per un africano il tempo si vive, non si guadagna ne si perde. Per questo non sono angosciati, come noi, dal futuro. Loro sono padroni del presente e lo rispettano perché è un evento che vivono. Ho sentito bocche benpensanti distruggere anche le manifestazioni di dignità di un popolo, che si esprime con l’ospitalità, con momenti di ballo, di musica e di poesia, evocando un passato di gloria. In tante occasioni ho provato imbarazzo per la nostra grettezza. Ho visto persone voler comprare accendini da medici ed ingegneri, ho sentito maestre chiedere con insistenza ad un alunno di parlare l’africano. Come se noi parlassimo l’europeo! Qualcuno li ha chiamati “imbarazzismi” quotidiani, sono aneddoti di ignoranza del popolo italiano. Quel giorno, in poche ore, un pugno allo stomaco mi ha costretto a riflettere. "La verità è come la luce accecante. La menzogna, invece, è un bel crepuscolo, che mette in valore tutti gli oggetti.". A. Camus

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